giovedì 1 dicembre 2011

Socrate e Gesù due mondi paralleli...?!


Come è possibile leggere nel precedente post, sollecitato dal mio amico di pensiero, ho iniziato ad evidenziare alcuni tratti comuni tra Socrate e Gesù, poi timoroso di aver tralasciato qualche similitudine mi sonno affidato all’archivio della rete e ho trovato questo interessante articolo sul sito “Briciole di Filosofia” , e come accade in informatica dove il codice di programmazione buono va riutilizzato e arricchito del proprio, così per questo articolo ho aggiunto delle considerazioni finali sulla drammatica scissione tra i due Maestri. 

…Credo infatti che tutti quanti sappiamo qualcosa sulla vita di Gesù, e credo che l’”Apologia” e il “Critone” siano necessari per delineare una sagoma della figura di Socrate. Ipotizzare un parallelismo tra queste due figure non è un esperimento poi così originale, già Erasmo da Rotterdam nel “De Libero Arbitrio” paragonò Gesù ad un sileno, esattamente la stessa similitudine che Platone nel “Simposio” attribuisce a Socrate; naturalmente Erasmo conosceva bene il “Simposio” di Platone.
I punti di contatto tra le due figure sono molteplici, andiamo ad analizzarne qualcuno:
1) Sia Socrate che Gesù non hanno mai scritto nulla, la loro vita, la loro morale e la loro religione ci sono state filtrate da altri scrittori. Dagli scritti di Platone, Senofonte ed Aristotele è possibile tracciare una figura di Socrate; i Vangeli, sia canonici che apocrifi ci narrano la vita di Gesù.
2) Socrate e Gesù hanno vissuto in povertà, applicandosi, nella loro esistenza, nel dialogo e nella pedagogia del volgo. Nei dialoghi platonici ricorre più volte la povertà di Socrate. Nell’”Apologia” Socrate afferma che un demone lo comanda a vivere la propria vita filosofando, ignorando gli affari sia pubblici che privati, interrogando gli altri e mostrando loro quali sono le vie che portano alle virtù. La figura del Gesù povero, falegname, che percorre la Giudea predicando la parola di Dio torna e ritorna in tutti i Vangeli.
3) Sia Socrate che Gesù non si occupano di filosofie metafisiche ma dell’uomo. Infatti se l’insegnamento più grande di Socrate è quello di vivere secondo la virtù, l’insegnamento più grande di Gesù è quello dell’amore. Naturalmente ambedue le figure onorano i propri dei, ovvero gli dei del popolo in cui vivono, ma nessuno dei due ha una propria metafisica o una propria cosmologia.
4) Sia Socrate che Gesù invitano l’uomo al rispetto delle leggi terrene. Socrate non fugge la propria morte per non tradire le leggi. Gesù invita l’uomo a seguire la legge e la giustizia terrena avendo fede nella giustizia divina infallibile.
5) Ambedue sono stati condannati a morte per motivi meramente politici. Il politico Anito porta Socrate in tribunale con false accuse infondate; Gesù viene processato perchè si definiva il re dei Giudei.
6) Ambedue sono morti precocemente e ingiustamente. E qui credo di non dovere nessuna spiegazione per confermare questa tesi. Piuttosto vorrei fare una breve riflessione perchè credo che questo sia il punto in comune più forte tra i due. Credo che le loro figure non avrebbero avuto la stessa fortuna letteraria se fossero morti di vecchiaia o per un’overdose di barbiturici. In tal caso Platone non avrebbe potuto fare di Socrate l’esempio perfetto dell’uomo virtuoso che va incontro alla morte fiero e rispettoso delle leggi che lo hanno condannato a morte. In tal caso il Cristianesimo non avrebbe potuto fare di Gesù il martire immacolato che prende su di sè i peccati del mondo e lava le colpe dei peccatori con il suo sangue puro.
7) Sia Socrate che Gesù vanno incontro alla morte senza paura, anzi sembra quasi che l’attendessero con impazienza. Il coraggio di fronte alla morte di Socrate è testimoniato nell’”Apologia”, quello di Gesù nei Vangeli. Naturalmente anche questo punto è molto importante per gli sviluppi successivi: ovvero la figura di un uomo che affronta una condanna a morte dignitosamente, senza paura di ciò che lo attende, anzi fiducioso che la vita nell’aldilà sia migliore di quella nell’aldiquà è una figura molto carismatica. Chiunque non ne può rimanere che attratto.
8) Ambedue, dopo la propria vita, hanno ispirato sette e religioni. La religione ispirata da Cristo è lampante sotto gli occhi di tutti: il Cristianesimo. La setta che ha ispirato Gesù è, per l’appunto, il primo Cristianesimo. Per quanto riguarda Socrate sappiamo come l’Accademia di Platone non fosse solo una scuola nel significato moderno del termine. L’Accademia, così come ogni altro movimento filosofico nell’antica grecia, era si un luogo di scambio di idee e di teorie ma era soprattutto una setta dove si pregavano gli dei e dove si aderiva ad un determinato stile di vita. Per quanto riguarda la religione ispirata da Socrate è la stessa religione interna all’Accademia. Bisogna ricordare che l’Accademia è esistita fino al VI sec. d.C..
9) Sia Socrate che Gesù sono state gli iniziatori di un movimento ideologico-culturale che ha portato allo sgretolamento delle società in cui essi sono vissuti.E’ oramai innegabile che la causa prima del disfacimento dell’Impero romano è il Cristianesimo. L’ideologia del Cristianesimo:”Tutti gli uomini sono uguali” ha negato all’Impero romano la base della propria fortuna: gli schiavi. Per quanto riguarda Socrate Nietzsche ne “La Nascita della Tragedia” afferma che la forza del mondo greco era nel connubio tra apollineo e dionisiaco, e sempre Nietzsche vede in Socrate il punto di rottura di tale connubio. (Nietzsche ne ha detta qualcuna anche sulla figura storica di Gesù…).”

Qui l’interessante articolo si conclude e inizia la riflessione su cosa profondamente divide i due Maestri.
Da un lato c’è l’uomo che afferma “so di non sapere” dall’altro c’è l’uomo che ha la conoscenza di Dio, è Dio, dunque sa!
Quale delle due affermazioni sconvolge di più e quale invece rasserena l’animo umano? A chi vi affidereste? A un ceco (“Socrate”) o a chi tutto vede (“Gesù”)? E ancora chi vi infonde speranza? Un morto e sepolto o un risorto?Si potrebbe rispondere “affidiamoci a entrambi o a nessuno dei due” in ogni caso Socrate né uscirebbe peggio dal confronto con Dio.  Queste domande hanno bisogno di maggiori studi e riflessioni ma il sospetto che Paolo abbia compiuto un capolavoro è forte in me!
Spero nell'aiuto dei miei amici di pensiero.    



3 commenti:

Anonimo ha detto...

Tu domandi "E ancora chi vi infonde speranza?".
Una prima osservazione che subito mi viene alla mente è: intendiamo la speranza con il concetto "pre cristiano" quindi come dea (spes utima dea) l'unica rimast nel vaso di pandora? O nel senso della virtù teologale cattolica e quindi come mezzo per raggiungere la salvezza (e non già la conoscenza)?

Domingo

Rolando (etarcos) ha detto...

La Speranza vista come dea o come virtù definisce sempre e comunque l'ultimo elemento verso la salvezza... In ogni caso, oggi pochi si affiderebbero alla dea. Proprio oggi, leggendo San Tommaso d'Aquino, noto come "per la salvezza dell'uomo fu necessario che mediante la divina rivelazione gli fossero fatte conoscere delle cose superiori alla ragione umana" Anzi, anche a riguardo a quello che intorno a Dio si può indagare con la ragione, fu necessario che l'uomo fosse ammaestrato per divina rivelazione..." Ecco la "grandezza" ammaestrare l'uomo per salvarlo, forse Paolo si è reso conto che la filosofia (Socrate) non poteva funzionare per le masse (Gesù anzi il Cristo).

Anonimo ha detto...

Infatti era questo il senso della mia domanda..

Filosofia e religione possono avere una certa affinità (e rappresentare una scelta alternativa) se e solo se non guardiamo alla religione come fenomeno “di massa”.

Penso ad Aristotele: “gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre da principio restavano meravigliati di fronte alle difficoltà più semplici, in seguito, progredendo a poco a poco, giunsero a porsi problemi sempre maggiori”.

Il progresso della conoscenza è elemento imprescindibile della filosofia, ma spesso osteggiato nelle religioni monoteiste e non; la verità è quella data (“rivelata”), ulteriori domande e ricerche sono relegate ad un ambito elitario o altrimenti poco tollerate (tolleranza che ha conosciuto limiti infinitamente bassi in più epoche e in più “fedi”).

In realtà se guardiamo alla religione più limpida (scevra dall’uso di “oppio dei popoli” di cui è oggetto), dovrebbe rappresentare il cammino per l’assoluta verità. Apó – kalýptein, appunto… apocalisse, termine abusato e tante volte manipolato.