giovedì 29 dicembre 2011

Schopenhauer disse:" Dannazione eterna - che assurdità! per una vita di trent'anni, dannazione eterna!"
Come dargli torto! In molti paesi non esiste l'ergastolo perchè bisogna dare all'ergastolano la possibilità di redimersi di essere rieducato e accolto nella comunità contro la quale ha sbagliato,... chè dire in questi paesi si ragiona meglio che dio?!!!

giovedì 15 dicembre 2011

L'omosessualità abominio della Bibbia


Tratto dal libro di H. Kung, Cristianesimo, 
cit.,,p. 630. 

...Con finissima ironia, un biblista italiano -
Alberto Maggi - ha diffuso una lettera di un immaginario lettore all'immaginaria conduttrice di una radio (non si specifica se cattolica o protestante) d'impianto fon­damentalista. L'antefatto: la dottoressa Laura Schlesinger afferma che l'omoses­sualità, in quanto condannata come abominio dalla Bibbia (Lev. 18:22), non può essere tollerata in alcun caso. Nella lettera si legge: "Cara Dottoressa Schlesinger, le scrivo per ringraziarla del suo lavoro educativo sulle leggi del Signore. Ho impa­rato davvero molto dal suo programma, ed ho cercato di dividere tale conoscenza con più persone possibili. Adesso, quando qualcuno tenta di difendere lo stile di vita omosessuale, gli ricordo semplicemente che in Levitico 18:22 si afferma che ciò è un abominio. Fine della discussione. Però, avrei bisogno di alcun consigli da lei, a riguardo di altre leggi specifiche e come applicarle.


1. Vorrei vendere mia figlia come schiava, come sancisce Esodo 21:7. Quale pensa sarebbe un buon prezzo di vendita?

2. Quando dò fuoco ad un toro sull'altare sacrificale, so dalle Scritture che ciò
produce un piacevole profumo per il Signore. (Lev. 1.9). Il problema è con i miei vicini. I blasfemi sostengono che l'odore non è piacevole per loro. Devo forse percuoterli?

3. So che posso avere contatti con una donna quando non ha le mestruazioni. (Lev.15:19-24.) Il problema è: come faccio a chiederle questa cosa? Molte donne   s'offendono

4. Lev. 25:44 afferma che potrei possedere degli schiavi, sia maschi che femmine, a patto che essi siano acquistati in nazioni straniere. Un mio amico afferma che questo si può' fare con i filippini, ma non con i francesi. Può farmi capire meglio? Perché non posso possedere schiavi francesi?

5. Un mio vicino insiste per lavorare di Sabato. Esodo 35:2 dice chiaramente che dovrebbe essere messo a morte. Sono moralmente obbligato ad ucciderlo perso­nalmente?

6. Un mio amico ha la sensazione che anche se mangiare crostacei è un abomi­nio (Lev. 11:10), lo è meno dell' omosessualità. Non sono d'accordo. Può illumi­narci sulla questione?

7.Lev. 21:20 afferma che non posso avvicinarmi all'altare di Dio se ho difetti di vista. Devo effettivamente ammettere che uso occhiali per leggere.... La mia vista deve per forza essere dieci decimi o c'é qualche scappatoia alla questione?

8.Molti dei miei amici maschi usano rasarsi i capelli, compresi quelli vicino alle tempie, anche se questo è espressamente vietato dalla Bibbia (Lev. 19:27). In che modo devono esser messi a morte?

9.In Lev. 11:6-8 viene detto che toccare la pelle di maiale morto rende impuri. Per giocare a pallone debbo quindi indossare dei guanti?

10.    Mio zio possiede una fattoria. È andato contro Lev. 19:19, poiché ha piantato
due diversi tipi di ortaggi nello stesso campo; anche sua moglie ha violato lo stesso
passo, perché usa indossare vesti di due tipi diversi di tessuto (cotone/acrilico). Non
solo: mio zio bestemmia a tutto andare. E proprio necessario che mi prenda la briga
di radunare tutti gli abitanti della città per lapidarli come prescrivono le Scritture?
Non potrei, più semplicemente, dargli fuoco mentre dormono, come simpaticamente
consiglia Lev. 20:14 per le persone che giacciono con consanguinei?

So che Lei conosce questi argomenti molto meglio del sottoscritto, per cui sono sicuro che potrà rispondermi a queste semplici domande. Nell'occasione, la ringra­zi zio ancora per ricordare a tutti noi che la parola di Dio è eterna e immutabile". 

giovedì 1 dicembre 2011

Socrate e Gesù due mondi paralleli...?!


Come è possibile leggere nel precedente post, sollecitato dal mio amico di pensiero, ho iniziato ad evidenziare alcuni tratti comuni tra Socrate e Gesù, poi timoroso di aver tralasciato qualche similitudine mi sonno affidato all’archivio della rete e ho trovato questo interessante articolo sul sito “Briciole di Filosofia” , e come accade in informatica dove il codice di programmazione buono va riutilizzato e arricchito del proprio, così per questo articolo ho aggiunto delle considerazioni finali sulla drammatica scissione tra i due Maestri. 

…Credo infatti che tutti quanti sappiamo qualcosa sulla vita di Gesù, e credo che l’”Apologia” e il “Critone” siano necessari per delineare una sagoma della figura di Socrate. Ipotizzare un parallelismo tra queste due figure non è un esperimento poi così originale, già Erasmo da Rotterdam nel “De Libero Arbitrio” paragonò Gesù ad un sileno, esattamente la stessa similitudine che Platone nel “Simposio” attribuisce a Socrate; naturalmente Erasmo conosceva bene il “Simposio” di Platone.
I punti di contatto tra le due figure sono molteplici, andiamo ad analizzarne qualcuno:
1) Sia Socrate che Gesù non hanno mai scritto nulla, la loro vita, la loro morale e la loro religione ci sono state filtrate da altri scrittori. Dagli scritti di Platone, Senofonte ed Aristotele è possibile tracciare una figura di Socrate; i Vangeli, sia canonici che apocrifi ci narrano la vita di Gesù.
2) Socrate e Gesù hanno vissuto in povertà, applicandosi, nella loro esistenza, nel dialogo e nella pedagogia del volgo. Nei dialoghi platonici ricorre più volte la povertà di Socrate. Nell’”Apologia” Socrate afferma che un demone lo comanda a vivere la propria vita filosofando, ignorando gli affari sia pubblici che privati, interrogando gli altri e mostrando loro quali sono le vie che portano alle virtù. La figura del Gesù povero, falegname, che percorre la Giudea predicando la parola di Dio torna e ritorna in tutti i Vangeli.
3) Sia Socrate che Gesù non si occupano di filosofie metafisiche ma dell’uomo. Infatti se l’insegnamento più grande di Socrate è quello di vivere secondo la virtù, l’insegnamento più grande di Gesù è quello dell’amore. Naturalmente ambedue le figure onorano i propri dei, ovvero gli dei del popolo in cui vivono, ma nessuno dei due ha una propria metafisica o una propria cosmologia.
4) Sia Socrate che Gesù invitano l’uomo al rispetto delle leggi terrene. Socrate non fugge la propria morte per non tradire le leggi. Gesù invita l’uomo a seguire la legge e la giustizia terrena avendo fede nella giustizia divina infallibile.
5) Ambedue sono stati condannati a morte per motivi meramente politici. Il politico Anito porta Socrate in tribunale con false accuse infondate; Gesù viene processato perchè si definiva il re dei Giudei.
6) Ambedue sono morti precocemente e ingiustamente. E qui credo di non dovere nessuna spiegazione per confermare questa tesi. Piuttosto vorrei fare una breve riflessione perchè credo che questo sia il punto in comune più forte tra i due. Credo che le loro figure non avrebbero avuto la stessa fortuna letteraria se fossero morti di vecchiaia o per un’overdose di barbiturici. In tal caso Platone non avrebbe potuto fare di Socrate l’esempio perfetto dell’uomo virtuoso che va incontro alla morte fiero e rispettoso delle leggi che lo hanno condannato a morte. In tal caso il Cristianesimo non avrebbe potuto fare di Gesù il martire immacolato che prende su di sè i peccati del mondo e lava le colpe dei peccatori con il suo sangue puro.
7) Sia Socrate che Gesù vanno incontro alla morte senza paura, anzi sembra quasi che l’attendessero con impazienza. Il coraggio di fronte alla morte di Socrate è testimoniato nell’”Apologia”, quello di Gesù nei Vangeli. Naturalmente anche questo punto è molto importante per gli sviluppi successivi: ovvero la figura di un uomo che affronta una condanna a morte dignitosamente, senza paura di ciò che lo attende, anzi fiducioso che la vita nell’aldilà sia migliore di quella nell’aldiquà è una figura molto carismatica. Chiunque non ne può rimanere che attratto.
8) Ambedue, dopo la propria vita, hanno ispirato sette e religioni. La religione ispirata da Cristo è lampante sotto gli occhi di tutti: il Cristianesimo. La setta che ha ispirato Gesù è, per l’appunto, il primo Cristianesimo. Per quanto riguarda Socrate sappiamo come l’Accademia di Platone non fosse solo una scuola nel significato moderno del termine. L’Accademia, così come ogni altro movimento filosofico nell’antica grecia, era si un luogo di scambio di idee e di teorie ma era soprattutto una setta dove si pregavano gli dei e dove si aderiva ad un determinato stile di vita. Per quanto riguarda la religione ispirata da Socrate è la stessa religione interna all’Accademia. Bisogna ricordare che l’Accademia è esistita fino al VI sec. d.C..
9) Sia Socrate che Gesù sono state gli iniziatori di un movimento ideologico-culturale che ha portato allo sgretolamento delle società in cui essi sono vissuti.E’ oramai innegabile che la causa prima del disfacimento dell’Impero romano è il Cristianesimo. L’ideologia del Cristianesimo:”Tutti gli uomini sono uguali” ha negato all’Impero romano la base della propria fortuna: gli schiavi. Per quanto riguarda Socrate Nietzsche ne “La Nascita della Tragedia” afferma che la forza del mondo greco era nel connubio tra apollineo e dionisiaco, e sempre Nietzsche vede in Socrate il punto di rottura di tale connubio. (Nietzsche ne ha detta qualcuna anche sulla figura storica di Gesù…).”

Qui l’interessante articolo si conclude e inizia la riflessione su cosa profondamente divide i due Maestri.
Da un lato c’è l’uomo che afferma “so di non sapere” dall’altro c’è l’uomo che ha la conoscenza di Dio, è Dio, dunque sa!
Quale delle due affermazioni sconvolge di più e quale invece rasserena l’animo umano? A chi vi affidereste? A un ceco (“Socrate”) o a chi tutto vede (“Gesù”)? E ancora chi vi infonde speranza? Un morto e sepolto o un risorto?Si potrebbe rispondere “affidiamoci a entrambi o a nessuno dei due” in ogni caso Socrate né uscirebbe peggio dal confronto con Dio.  Queste domande hanno bisogno di maggiori studi e riflessioni ma il sospetto che Paolo abbia compiuto un capolavoro è forte in me!
Spero nell'aiuto dei miei amici di pensiero.    



mercoledì 30 novembre 2011

in risposta ad un amico...



In risposta ad un amico che mi fa notare:‎

"La morte di Socrate e la crocifissione di Cristo fanno parte dei grandi tratti caratteristici dell'umanità."
A. Schopenhauer


In verità le due figure si somigliano in modo spaventoso, vediamo:
Socrate aveva discepoli - Gesù pure
Socrate non scrisse nulla delle sue riflessioni - Gesù pure
Socrate lo conosciamo attraverso i suoi Discepoli (Platone, Aristotele, Crizia...) - Gesù attraverso (Marco, Giovanni, Paolo...)
Socrate visse in povertà - Gesù pure
Socrate morì per la verità - Gesù pure
I discepoli di Socrate tentarono di dissuaderlo e non farsi processare - Gesù pure
Socrate decise di farsi processare perchè a chiederglielo era la verità - Gesù pure (Dio=verità)
Non a caso, inoltre, molti elementi platonici sono confluiti nel cristianesimo e non a caso Nietzsche definisce il cristianesimo il platonismo dei poveri.
Dove le strade si interrompono in modo violento?
Socrate dice "so di non sapere"
Gesù sa tutto perchè conosce l'essenza di Dio
Fra loro ci sono i dubbiosi!

martedì 22 novembre 2011

la signora cattiva e la cipolla

"C'era una volta una donna cattiva cattiva che morì, senza lasciarsi dietro nemmeno un'azione virtuosa. I diavoli l'afferrarono e la gettarono in un lago di fuoco. Ma il suo angelo custode era là e pensava: di quale suo azione virtuosa mi posso ricordare per dirla a Dio? Se ne ricordò una e disse a Dio: - Ha sradicato una cipolla nell'orto e l'ha data a una mendicante. E Dio gli rispose: - Prendi dunque quella stessa cipolla, tendila a lei nel lago, che vi si aggrappi e la tenga stretta, e se tu la tirerai fuori del lago, vada in paradiso; se invece la cipolla si strapperà, la donna rimanga dov'è ora. L'angelo corse della donna, le tese la cipolla: - Su, donna, le disse, attaccati e tieni. E si mise a tirarla cautamente, e l'aveva già quasi tirata fuori, ma gli altri peccatori che erano nel lago, quando videro che la traevano fuori, cominciarono ad aggrapparsi tutti a lei, per essere anch'essi tirati fuori. Ma la donna era cattiva cattiva e si mise a sparar calci contro di loro, dicendo: "E' me che si tira e non voi, la cipolla è mia e non vostra. Appena ebbe detto questo, la cipolla si strappò. E la donna cadde nel lago e brucia ancora. E l'angelo si mise a piangere e si allontanò".
(Fëdor Michailovič Dostoevskij, I fratelli Karamazov VII, 3) 

mercoledì 16 novembre 2011

È inutile commentare… quando l’uomo supera l’uomo…


 “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e di riverenza sempre nuove e crescenti, quanto più spesso e più a lungo il pensiero vi si ferma su: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me” così Kant suggella la conclusione della Critica della ragion pratica.  Altrove spiega: “La prima veduta di un insieme innumerevole di mondi annienta, per così dire, la mia importanza di creatura anima­le, che dovrà restituire la materia di cui è fatta al pianeta (un sempli­ce punto nell'universo), dopo essere stata dotata per breve tempo (non si sa come) di forza vitale. La seconda, al contrario, innalza infi­nitamente il mio valore, come valore di una intelligenza, in grazia della mia personalità, in cui la legge morale mi rivela una vita indi­pendente dall'animalità, e persino dall'intero mondo sensibile.
Ed ecco Pascal: “L'uomo non è che una canna, la più debole della natura, ma una canna che pensa. Non è necessario che l'universo in­tero si armi per spezzarlo; un vapore, una goccia d'acqua, è suffi­ciente per ucciderlo. Ma anche quando l'universo lo spezzasse, l'uo­mo rimarrebbe ancora più nobile di ciò che l'uccide, poiché sa di morire, mentre del vantaggio che l'universo ha su di lui, l'universo non ne sa nulla. Ogni nostra dignità consiste dunque nel pensiero. Su ciò dobbiamo far leva, non sullo spazio e sulla durata, che non sapremmo colmare. Lavoriamo dunque per pensare bene: ecco il principio della morale” .

venerdì 4 novembre 2011

Simone Weil


Ecco cosa insegnava Simone Weil alle sue allieve... "La conoscenza senza l'idea del bene è argomento di vanità e di curiosità" (Lezioni di Filosofia Adelphi,1999, pag 261). 
Fermiamoci a riflettere sull'affermazione della Weil e potremmo capire perchè il mondo è pieno di dotti e non di sapienti...

giovedì 3 novembre 2011

Bruegel: parabola dei ciechi


Tempo fa passeggiando per le sale della Galleria Nazionale di Capodimonte fui colpito dal quadro di Pieter Bruegel il Vecchio, pittore fiammingo del XVI sec. Il quadro si rifà alla parabola dei ciechi scritta nel Vangelo di Luca (Lc, 6,39).
“Disse loro anche una parabola: « Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in una buca?»”.
Mi colpirono soprattutto i volti che assumono espressioni via, via più preoccupate tanto più i cechi si avvicinano al fosso. Come il buon Socrate, mi persi nei miei pensieri imbambolato da quell’immagine... Dal momento che nasciamo ciechi, come potremmo capire se chi ci guida o pretende di farlo è a sua volta cieco?
Non ho ancora trovato la risposta definitiva, forse una soluzione poteva venire dal soggetto del quadro. Il cieco usa gli altri sensi e li perfeziona per percepire quanto più possibile il mondo.  Affidarsi, dunque, alla sola religione come alla sola filosofia è come affidarsi al solo olfatto o al solo tatto, inoltre, i sensi che sostituiscono la vista sono già in noi e non ci vengono forniti dal di fuori, così come la capacità di cercare dove si annida il vero... 

martedì 25 ottobre 2011

La scrittura e il mito di Theuth

Un grande maestro come Socrate, attraverso il mito di Theuth, ci fa riflettere come la scrittura possa darci la conoscenza senza sapienza, generando cosi dei dotti, ma non dei sapienti... oggi diremo che oltre al produttore è importante il consumatore, il libro è importante ma più importante è chi legge... Socrate dice "al libro non puoi far domande", ma io aggiungo "il libro ti aiuta a formularle meglio e a farne sorgere di nuove"


In questi giorni, inoltre, mi è capitato di leggere un interessante articolo di Vito Mancuso sul metodo del Cardinal Martini e che in qualche modo si lega al discorso Socratico.

"Alla fine ciò che determina il valore di un essere umano è il metodo, più che i contenuti della mente o le azioni compiute dalle mani. A dire chi siamo e a conferire la nota dominante alla nostra personalità è il metodo con cui guardiamo e affrontiamo la vita. Il metodo di Martini si chiama “lectio divina”. In verità nel mondo reale noi possiamo leggere solo ciò che vediamo, quindi solo ciò che per definizione non è divino, come i testi scritti dagli uomini o i fenomeni naturali. Se si giunge a parlare di lectio “divina” non è quindi per l’oggetto materiale che viene letto, il quale è e rimarrà sempre del tutto umano nella misura in cui può essere colto dall’occhio, letto e compreso. Se si parla di lettura “divina” è piuttosto per l’intenzionalità che guida chi legge, un’intenzionalità che proviene dalla profondità dell’uomo interiore dove, diceva Agostino, “habitat veritas”."

l'intero articolo: 
http://www.vitomancuso.it/2011/10/26/le-letture-divine-del-cardinal-martini/


Platone, Fedro, 274 c-276

1      [274 c] [...] Socrate – Ho sentito narrare che a Naucrati d’Egitto dimorava uno dei vecchi dèi del paese, il dio a cui è sacro l’uccello chiamato ibis, e di nome detto Theuth. Egli fu l’inventore dei numeri, [d] del calcolo, della geometria e dell’astronomia, per non parlare del gioco del tavoliere e dei dadi e finalmente delle lettere dell’alfabeto. Re dell’intiero paese era a quel tempo Thamus, che abitava nella grande città dell’Alto Egitto che i Greci chiamano Tebe egiziana e il cui dio è Ammone. Theuth venne presso il re, gli rivelò le sue arti dicendo che esse dovevano esser diffuse presso tutti gli Egiziani. Il re di ciascuna gli chiedeva quale utilità comportasse, e poiché Theuth spiegava, egli disapprovava ciò che gli sembrava [e] negativo, lodava ciò che gli pareva dicesse bene. Su ciascuna arte, dice la storia, Thamus aveva molti argomenti da dire a Theuth sia contro che a favore, ma sarebbe troppo lungo esporli. Quando giunsero all’alfabeto: “Questa scienza, o re – disse Theuth – renderà gli Egiziani piú sapienti e arricchirà la loro memoria perché questa scoperta è una medicina per la sapienza e la memoria”. E il re rispose: “O ingegnosissimo Theuth, una cosa è la potenza creatrice di arti nuove, altra cosa è giudicare qual grado di danno e di utilità esse posseggano per coloro che le useranno. E cosí ora tu, per benevolenza verso l’alfabeto di cui sei [275 a] inventore, hai esposto il contrario del suo vero effetto. Perché esso ingenererà oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitarsi la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non piú dall’interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria ma per richiamare alla mente. Né tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l’apparenza perché essi, grazie a te, potendo avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà [b] una sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece che sapienti”. Fedro – O Socrate, ti è facile inventare racconti egiziani e di qualunque altro paese ti piaccia! Socrate – Oh! ma i preti del tempio di Zeus a Dodona, mio caro, dicevano che le prime rivelazioni profetiche erano uscite da una quercia. Alla gente di quei giorni, che non era sapiente come voi giovani, bastava nella loro ingenuità udire ciò che diceva “la quercia e la pietra”, purché [c] dicesse il vero. Per te, invece, fa differenza chi è che parla e da qual paese viene: tu non ti accontenti di esaminare semplicemente se ciò che dice è vero o falso. Fedro – Fai bene a darmi addosso anch’io son del parere che riguardo l’alfabeto le cose stiano come dice il Tebano.
2      Socrate – Dunque chi crede di poter tramandare un’arte affidandola all’alfabeto e chi a sua volta l’accoglie supponendo che dallo scritto si possa trarre qualcosa di preciso e di permanente, deve esser pieno d’una grande ingenuità, e deve ignorare assolutamente la profezia di Ammone se s’immagina che le parole scritte siano qualcosa di piú [d] del rinfrescare la memoria a chi sa le cose di cui tratta lo scritto. Fedro – È giustissimo. Socrate – Perché vedi, o Fedro, la scrittura è in una strana condizione, simile veramente a quella della pittura. I prodotti cioè della pittura ci stanno davanti come se vivessero; ma se li interroghi, tengono un maestoso silenzio. Nello stesso modo si comportano le parole scritte: crederesti che potessero parlare quasi che avessero in mente qualcosa; ma se tu, volendo imparare, chiedi loro qualcosa di ciò che dicono esse ti manifestano una cosa sola e sempre la stessa. E una volta che sia messo in iscritto, ogni discorso arriva alle mani di tutti, tanto di chi l’intende tanto di chi non ci ha nulla [e] a che fare; né sa a chi gli convenga parlare e a chi no. Prevaricato ed offeso oltre ragione esso ha sempre bisogno che il padre gli venga in aiuto, perché esso da solo non può difendersi né aiutarsi. Fedro – Ancora hai [276 a] perfettamente ragione. Socrate – E che? Vogliamo noi considerare un’altra specie di discorso, fratello di questo scritto, ma legittimo, e vedere in che modo nasce e di quanto è migliore e piú efficace dell’altro? Fedro – Che discorso intendi e qual è la sua origine? Socrate – Il discorso che è scritto con la scienza nell’anima di chi impara: questo può difendere se stesso, e sa a chi gli convenga parlare e a chi tacere. [...]
... non c'è alcuno stato che non abbia la guerra alla base della sua esistenza, e gli uomini d'armi come suoi eroi. L'immagine del mattatoio usata da Hegel per la storia universale si adatta alla perfezione. Ve la riporto per uno spunto di riflessione:
"Ma pure quando consideriamo la storia come un simile mattatoio, in cui sono state condotte al sacrificio la fortuna dei popoli, la sapienza degli stati e la virtù degli individui, il pensiero giunge di necessità anche a chiedersi in vantaggio di chi, e di quale finalità ultima, siano stati compiuti così enormi sacrifici."

lunedì 17 ottobre 2011

Emarginati...

Secondo Hebert Marcuse, la società repressiva, dietro un apparente e quindi illusoria libertà, amministra globalmente la vita dell’uomo, controllando le sue aspirazioni e i suoi desideri e sotto una falsa libertà di pensiero e di espressione, respinge in realtà la nascita e lo sviluppo di qualsiasi critica e opposizione. In una tale situazione bisogna fare appello alle forze individuali estranee al sistema, costituite dagli emarginati che Marcuse definisce “il sostrato dei reietti e degli stranieri, degli sfruttati e dei perseguitati di altre razze e di altri colori, dei disoccupati e degli inabili”. 

mercoledì 12 ottobre 2011

Martin Heidegger (1889 – 1976) sulla morte... anzi no... sulla vita


Heidegger
Per Heidegger  “la morte da significato alla vita come serie infinita di possibilità e in qualche modo spinge l’uomo a non vivere del tutto passivamente come un oggetto, ma a esserci secondo il modello della temporalità. L’esistenza umana è un istante la cui unica certezza è quella del vivere per la morte.”
Se la nostra vita fosse eterna, rimanderemmo al domani ciò che potremmo fare oggi e vivremmo in un eterno giorno dopo… La morte, dunque, esiste perché la vita sia apprezzata e vissuta. Molti cercano di vivere a lungo mentre dovrebbero cercare di vivere intensamente.  



Piccola nota: Martin Heidegger è considerato un gigante della filosofia, anche se il suo appoggio al nazismo mi lascia perplesso. Comunque, le "buone pensate" vengono da ogni dove e chi nazista non è, è sempre pronto a coglierle.

martedì 11 ottobre 2011

sapere di non sapere


Il “sapere di non sapere” di Socrate è verità logicamente dimostrabile e semplice come tutto ciò che è vero, eppure ha meno seguaci e conoscitori di quelle verità “rivelate” non dimostrabili e che devono essere accettate per fede.
Riporto da Giovanni Reale "Socrate alla scoperta della sapienza umana" pag 68.
«Questo "sapere di non sapere" è delfico nell'essenza. Come del resto l'uomo in generale, qui Dio delinea anche il sapere dell'uomo sulla base dell'insufficienza e limitatezza dell'uomo stesso. Tuttavia, appunto come un sapere che sa di essere un non sapere, il sapere umano può essere ancora nella verità e avere un suo essere. La presunzione di sapere, che come ogni altra presunzione è odiata da Dio, non ha alcuna intima verità, ed è a un tempo oscurità e apparenza (dóxa). E Socrate, nel suo discorso (Apologia, 20 D), esprime l'opinione di avere egli pure una "certa" sapienza. Egli la esercita come un "servizio di Dio". Si tratta di una sapienza che non vuole raggiungere le cose che stanno in cielo e sottoterra, bensì di una sapienza «a misura di uomo». E tale sapienza «a misura di uomo» è la filosofia, la quale, in un senso squisitamente delfico, «non è un possesso di sapienza", bensì "una ricerca di sapienza", appunto philo-sopbia, e per quanto degna di essere conosciuta dall'uomo, non potrà avere mai fine, e dovrà riconoscere di essere un "sapere di non sapere"».

ritirarsi dalla gente...

Oggi ho letto questo post su fb di "chiesa cattolica"

"I più grandi santi evitavano, per quanto possibile, di stare con la gente e preferivano stare appartati, al servizio di Dio. E' stato detto: ogni volta che andai tra gli uomini ne ritornai meno uomo di prima (Seneca, Epist. VII, 3)... Perciò colui che vuole giungere alla spiritualità interiore, deve, insieme con Gesù, ritirarsi dalla gente. Soltanto chi ama il nascondimento sta in mezzo alla gente senza errare; soltanto chi ama il silenzio parla senza vaneggiare; soltanto chi ama la sottomissione eccelle senza sbagliare; soltanto chi ama obbedire comanda senza sgarrare; soltanto colui che è certo della sua buona coscienza possiede gioia perfetta. (L'Imitazione di Cristo)"

ho risposto quanto segue:

"Se Gesù si fosse “ritirato dalla gente” probabilmente non avremmo avuto gli insegnamenti dei Vangeli così come sono, cioè rivolti alla gente; se madre Teresa si fosse “ritirata dalla gente” forse non avrebbe dedicato la vita agli ammalati, se San Francesco si fosse “ritirato dalla gente” non avremmo avuto la sua gioia e potrei andare avanti per ore… L’umanità, tutto sommato, non è tanto male perché evitarla? Certo un momento di “deserto” cioè di riflessione, pace , silenzio e ascolto dell’Eterno è “cosa buona e giusta” ma siamo fatti “per amare il prossimo” non per evitarlo… In merito a Seneca, con il rispetto dovuto non lo metterei tra i massimi filosofi antichi, un suo discepolo (Nerone) bruciò Roma e se la prese con i cristiani, e maestro di Seneca fu certo Papirio Fabiano della scuola dei cinici che professavano l’autosufficienza, come se l’uomo non fosse un “animale sociale”

lunedì 10 ottobre 2011

HENRI BERGSON (1859-1941)


La società chiusa che di fatto corrisponde al tipo di società che si è realizzato nella storia, in cui l’ordine sociale è modellato su quello fisico. In essa l’individuo è solo una parte di un tutto e non c’è spazio per la libertà e l’iniziativa del singolo. Società chiusa in quanto è priva di slanci e mira a salvaguardare gli egoismi del singolo o di un gruppo. Ad essa corrisponde la morale dell’obbligazione, fondata su abitudini sociali che diventano obblighi e danno origine a comportamenti conformisti statici e ripetitivi. A questa morale è legata la religione statica basata su riti e credenze che nel tentativo di offrire consolazione e protezione agli uomini rispetto alla paura della morte, in realtà rafforzano gli obblighi morali e le convenzioni sociali.
La società aperta ancora da costruire fondata sullo slancio creativo espressione di istanze spirituali e di libertà, con ordinamenti sociali disposti a subire trasformazioni radicali. A questa società aperta corrisponde la morale assoluta basata sullo slancio d’amore che spinge l’umanità a progredire, pertanto è dinamica e promuove l’iniziativa individuale e le novità. Alla morale assoluta si collega una religione dinamica fondata sul rapporto diretto con Dio e con il processo creatore, la religione dinamica rifiuta i dogmi e si apre al rapporto personale con la divinità. Gli eroi e i santi sono le figure più significative di questa società, espressione della libertà e della creatività dello spirito e sono esempio della superiorità della vita spirituale.

venerdì 7 ottobre 2011

Giordano Bruno

“l’universo è adunque un animale infinito, nel quale tutto vive e s’agita nelle più svariate guise.”

Rousseau, Dialogues... sull'amor proprio

Rousseau, amor di sé e amor proprio Rousseau distingue tra due forme di amor proprio: l’amor proprio in senso lato, che chiama anche amore di sé (“amour de soi”), è un sentimento assoluto, naturale e buono per definizione perchè assicura l’autoconservazione dell’individuo ed esprime il suo diritto alla vita; l’amor proprio relativo (“amour propre”) è invece sempre negativo, in quanto, nascendo dal confronto con gli altri, si configura come sentimento sociale ed è quindi subordinato all’opinione.
La sensibilità positiva deriva immediatamente dall’amore di sé. È naturale che colui che si ama cerchi di estendere il suo essere e i suoi godimenti e di appropriarsi, coi legami affettivi, di ciò che egli sente possa essere per lui un bene. … Ma non appena questo amore assoluto degenera in amor proprio, e in rivalità comparativa, ecco che produce la sensibilità negativa; appena, infatti, si prende l’abitudine di misurarsi con altri ed uscire da se stessi per assegnarsi il primo e il miglior posto, è impossibile non provare avversione per tutto ciò che … ci impedisce di essere tutto.

(J.-J. Rousseau, Dialogues, II, O.C., I, pp. 806-807 ; trad. it. S.A., pp. 898-899)

Vito Mancuso: giusti...

‎...Per questo quando si è giusti, cioè in relazione ordinata con gli altri, si è anche più felici: perchè si compie la logica che ci costituisce. Per questo il bene produce benessere e dà quella lieta disposizione dell'anime verso sè e verso gli altri che rende più leggera e più luminosa la vita: perchè il bene risponde alla logica primordiale della relazione ordinaria che ci ha portato e ci mantiene all'essere, e nella quale propriamente consistiamo.

giovedì 6 ottobre 2011

grazia di Dio raggiunge tutti gli uomini

Una forte e autorevole conferma al fatto che la grazia di Dio raggiunge tutti gli uomini e tutti i popoli sono le celebri parole di Pietro davanti al centurione Cornelio e ai suoi parenti e amici: "In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti" (At 10, 34-36). Pietro afferma qui che Dio non ha preferenze di persone, di gruppi, di popoli, ma accetta e salva chiunque, a qualunque cultura e popolo appartenga, purchè abbia timor di Dio e sia giusto. "Questa è la parola che egli ha inviato […], per mezzo di Gesù Cristo" (v. 36) significa che è questo l’annuncio centrale di Cristo e del Vangelo: la grazia di Dio non è per un gruppo o per un popolo, ma per chi crede e opera la giustizia, a qualunque popolo e cultura appartenga; e quindi a qualunque religione appartenga. Accanto alla grazia ecclesiale, donata nella Chiesa, cioè, vi è una grazia "non ecclesiale", donata fuori dalla Chiesa. Dio agisce, allora, in tutte le religioni e attraverso tutte le religioni.

mercoledì 5 ottobre 2011

O. Jensen Condannati allo sviluppo. Le religioni di fronte al problema ecologico

"il fatto che il creato non sia nulla, ma sia qualcosa e qualcosa di buono, può significare senz'altro che esso ha 'un fine in se stesso', che, in una certa misura, è il proprio fine senza per questo essere divino. Se identifichiamo il 'fine in se stesso' con il 'sacro', ci si potrebbe forse spingere sino ad affermare che il creato è sacro, senza per questo essere divino"
p.147

tornare alle origini...

... non domandiamoci, dunque, cosa devo fare per essere giusto, come osservo determinanti comandamenti (che vengono imposti più dall'esterno che dall'interno). I cristianesimo è piuttosto, essenzialmente, accoglienza grata e riproposizione creativa di testimonianza d'amore che sono, in misura differente, testimonianza dell'amore. Cristiano è uno che ha fatto, direttamente o indirettamente, l'esperienza storica, personale, concreta dell'amore di Gesù e di tutti quelli che come lui si sono posti in atteggiamento di dono e perdono nei confronti dell'umanità e di ogni uomo incontrato in particolare: in forza di questa esperienza egli ha maturato un nuovo modo di vedere il mondo e, soprattutto, un nuovo modo di essere al mondo. Oggi, dunque, c'è bisogno di ritornare alle origini di ritrovarsi in quei cristiani tra pagani che non imponevano ma proponevano un modo diverso di essere al mondo.

martedì 4 ottobre 2011

Gandhi...

"Fino a quando ci sono religioni diverse, ciascuna di esse può avere bisogno di un simbolo distintivo. Ma quando il simbolo si trasforma in un idolo e in uno strumento per mostrare la superiorità della propria religione sulle altre, è buono soltanto per essere gettato via."

Sant'Agostino la chiesa "ab Abel"

Sant'Agostino parlava di una Chiesa esistente "ab Abel", da Abele, cioè dal primo giusto comparso sulla terra. La Chiesa non è stata fondata da Gesù duemila anni fa. Neppure il cristianesimo è stato fondato 2000 anni fa. Duemila anni fa sono stati fondati il cristianesimo storico e la Chiesa storica, i quali rimandano a una realtà molto più antica, che esiste da quando esiste l'umanità. Quando un essere umano aspira a conformare la sua vita all'idea del bene e della giustizia, allora entra automaticamente a far parte della comunità di coloro che cercano a loro volta il bene e la giustizia.