martedì 11 ottobre 2011

sapere di non sapere


Il “sapere di non sapere” di Socrate è verità logicamente dimostrabile e semplice come tutto ciò che è vero, eppure ha meno seguaci e conoscitori di quelle verità “rivelate” non dimostrabili e che devono essere accettate per fede.
Riporto da Giovanni Reale "Socrate alla scoperta della sapienza umana" pag 68.
«Questo "sapere di non sapere" è delfico nell'essenza. Come del resto l'uomo in generale, qui Dio delinea anche il sapere dell'uomo sulla base dell'insufficienza e limitatezza dell'uomo stesso. Tuttavia, appunto come un sapere che sa di essere un non sapere, il sapere umano può essere ancora nella verità e avere un suo essere. La presunzione di sapere, che come ogni altra presunzione è odiata da Dio, non ha alcuna intima verità, ed è a un tempo oscurità e apparenza (dóxa). E Socrate, nel suo discorso (Apologia, 20 D), esprime l'opinione di avere egli pure una "certa" sapienza. Egli la esercita come un "servizio di Dio". Si tratta di una sapienza che non vuole raggiungere le cose che stanno in cielo e sottoterra, bensì di una sapienza «a misura di uomo». E tale sapienza «a misura di uomo» è la filosofia, la quale, in un senso squisitamente delfico, «non è un possesso di sapienza", bensì "una ricerca di sapienza", appunto philo-sopbia, e per quanto degna di essere conosciuta dall'uomo, non potrà avere mai fine, e dovrà riconoscere di essere un "sapere di non sapere"».

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